La vedova Socrate di Franca Valeri

 

Un passaggio di testimone epocale: Lella Costa raccoglie l’invito di Franca Valeri a interpretare La vedova Socrate, testo che la grande matriarca del teatro italiano, oggi prossima ai cent’anni, ha scritto e interpretato per la prima volta nel 2003.

Liberamente ispirato a La morte di Socrate dello scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, il monologo della Valeri, nato a seguito dell’intuizione di Giuseppe Patroni Griffi che glielo suggerì, è un concentrato di ironia corrosiva e analisi sociale, rivendicazione disincantata e narrazione caustica. L’ambientazione è data dalla bottega di antiquariato di Santippe, la moglie del filosofo tramandata dagli storici come una delle donne più insopportabili dell’antichità. «Mi incuriosiva l’idea di sfatare questa leggenda che Santippe fosse solo una specie di bisbetica – spiega Franca Valeri – Io ne faccio una moglie come tante, con una vita quotidiana piena di alti e bassi, una donna intelligente che del marito vede anche tanti difetti. Nel testo di Dürrenmatt c’è poco di Santippe, per questo, per conoscerla meglio, ho preso informazioni su Socrate e ho letto i Dialoghi di Platone. Mi sono fatta l’idea di una donna forte, che ha vissuto accanto a un uomo per noi straordinario ma che per lei era semplicemente un marito e per giunta noioso».

Nello spettacolo Santippe si sfoga per tutto quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate come Aristofane e Alcibiade, una masnada di buoni a nulla a cominciare da Platone, il principale bersaglio polemico dello spettacolo. Lei non sopporta che abbia usurpato le idee del consorte, anche se fu molto fedele nel riportarle. Alla fine pensa di poter scrivere un dialogo lei stessa: protagoniste, però, sarebbero le donne. Infatti, neanche la vedovanza le toglie il diritto di emanare un giudizio onesto sul comportamento dei mariti, degli uomini in generale e anche di quelle donne che ingannano l’altro sesso. Non serve, dice, indagare sulla vera natura del proprio uomo, basta accettarlo così com’è da vivo e da morto; d’altronde, «la morte di un marito è un così grande dolore che nessuna donna ci rinuncerebbe».

 

La locandina

liberamente ispirato a La morte di Socrate di Friedrich Dürrenmatt
per gentile concessione di Diogenes Verlag AG
regia Stefania Bonfadelli
con Lella Costa
luci Cesare Agoni
produzione Centro Teatrale Bresciano
progetto a cura di Mismaonda

 

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